Hai concluso da poco l'ultima tua straordinaria impresa. Questa è stata la più impegnativa affrontata finora?
"Senz'altro è stata la mia avventura più difficile e impegnativa. Non tanto per le quasi 5 giornate intere passate in sella, quanto per il dislivello (quasi 40 mila metri) affrontato. Durante le mie precedenti avventure, ma anche nelle competizioni di ultracycling cui prendo parte, ci sono sempre dei tratti/settori dove è possibile riposare. Quando ho disegnato il percorso di 'Cime della Leggenda', invece, non mi sono risparmiato: volevo includere in una sola 'pedalata' tutte le montagne più importanti per cui avevo poco spazio per il recupero".
La tua determinazione è sempre fortissima, qual è il segreto? ...testa, cuore, passione e/o un'adattabilità del tuo fisico fuori dal comune?
"Onestamente non credo di avere delle doti fisiche particolari. Sicuramente, negli anni, ho sviluppato una capacità di adattamento alle difficoltà, ma questa è una caratteristica più mentale che fisica. Ciò che fa la differenza, almeno nel mio caso, è la grandissima passione che mi spinge a ricercare sempre più il mio limite: quando ho disegnato questo percorso ci ho messo dentro tutto ciò che in tanti anni di ciclismo avevo sognato e provato. Le grandi salite dove è stata scritta la storia di questo sport per me erano un richiamo molto forte. E mentre ero li, e le scalavo, una ad una, il dolore e la fatica erano aspetti secondari. La gioia e la felicità per ciò che stavo facendo superava di gran lunga tutto il resto. Forse è questo a fare la differenza nei momenti più difficili".
Molte delle Cime che hai recentemente affrontato hanno visto gesta epiche di campionissimi della bici... ti è capitato di pensare a loro mentre risalivi le Cime?
"Sì, spesso usavo come 'diversivo' il pensiero di quando una particolare cima mi aveva colpito. Talvolta, dopo 2 giorni in sella, mi sono lanciato in telecronache improvvisate con i ragazzi del team di supporto. Imitando la voce del mitico Adriano De Zan, ricordavamo i punti in cui i grandi del passato scattavano sulle salite storiche del ciclismo".
Qual è quella che ti ha colpito di più? E perché?
"La maggior parte delle salite le conoscevo già. Non le avevo mai affrontate in una no-stop così lunga, ovviamente, ma sapevo le difficoltà che nascondevano. Il momento più intenso, sicuramente, a parte l'arrivo sullo Stelvio (di cui porterò sempre il ricordo come uno dei più emozionanti della mia carriera) l'ho vissuto scalando il Mont Ventoux. Sul 'Gigante della Provenza' solitamente c'è un fortissimo vento e la strada è sempre piena di ciclisti da ogni parte del mondo. Quella mattina, alle 5, lassù c'ero solamente io. Ho visto sorgere il sole. Non tirava neanche un alito di vento. Un clima surreale, un'emozione che tuttora vivo ogni volta che ci ripenso".
Oltre la fatica accumulata sul finale dell'impresa hai dovuto affrontare anche un serio infortunio. Ce ne puoi parlare?
"Il secondo giorno ho dovuto affrontare un caldo anomalo vista la stagione (autunno). Ho iniziato a sentire che qualcosa, nel mio fisico, non funzionava come avrebbe dovuto. Ho la fortuna di non aver mai avuto alcun tipo di problema fisico, né infortunio, per cui quando qualcosa non gira nel verso giusto me ne accorgo immediatamente. Avevo un dolore al 'soprasella' che ha iniziato a diventare sempre più forte. Solitamente un normale indolenzimento può passare in poche ore, ma in questo caso il dolore aumentava. Anziché fermarmi ho tirato dritto finché ho potuto, pensando di poter gestire la cosa. Purtroppo, quando ti sottoponi, a 5 giorni in sella, gestire un dolore per 48-72 ore non è l'ideale. Sulla cima del Col du Telegraphe, purtroppo, mi sono dovuto fermare di colpo. Ormai non ero più in grado neanche di sedere normalmente su una sedia, figuriamoci su un sellino. Siamo andati al Pronto Soccorso più vicino, dove mi hanno diagnosticato un forte edema nella zona perineale che, nel frattempo, si era gonfiata a dismisura. Ho passato ore molto brutte, non tanto per l'infortunio in se (non era nulla di grave, almeno dagli esami clinici, ma necessitava di almeno 10-15 giorni di riposo completo) quanto perché stavo vedendo sfumare l'obiettivo principale di questi miei ultimi anni. Per fortuna mancavano 'solo' una decina di salite. Ed è lì che è nata l'idea di farle ugualmente, ma in piedi sui pedali. Abbiamo preso una cosa negativa e l'abbiamo fatta diventare un motivo di scherzo e risate tra noi del team. Sul lettino di quel pronto soccorso avevo ben chiara una cosa: non avrei mollato così facilmente!".
Come stai ora?
"Il problema è in via di risoluzione, per fortuna è capitato in un momento della stagione in cui avrei comunque parcheggiato la bici qualche giorno. Sicuramente a breve potrò risalire in sella e preparare la stagione che verrà con rinnovato entusiasmo!".
Anche se sta arrivando l'inverno sappiamo che qualche nuova impresa è già sulla tua agenda. Ci puoi anticipare qualcosa?
"Proprio l'arrivo dell'inverno stuzzica la mia fantasia! È presto per parlare di programmi anche se ho già qualcosa in mente, ma una cosa è certa: il richiamo del ghiaccio, della neve e dell'artico, ancora una volta si fa sentire. Entro i primi giorni di novembre annuncerò i miei programmi per la prossima stagione cercando di alzare ancora un po' l'asticella delle ambizioni e dei limiti".